Una settimana fa si è svolto a Roma il Family Day. Io, a
scanso di equivoci, non vi ho partecipato. Non per mancanza di tempo, o almeno,
non solo per quello. Non ero là perché semplicemente non volevo esserci. Ritengo
che il Family sia, oggi più che mai, qualcosa di non cristiano. Oltre che
inutile e controproducente.
Mi sembra che le principali guerre portate avanti dal
cattolicesimo, specie quello italiano, nell'ultimo secolo si assomiglino un po’
tutte. Chi le ha portate avanti ha dimostrato di non aver imparato nulla dagli
errori fatti precedentemente, finendo per rifarli.
Anche per questa
sempreverde battaglia contro le unioni civili lascia un profondo effetto deja-vu. Sembra di rivedere un film in
cui tutti sanno benissimo quale sarà la conclusione.
Già altre volte esponenti del clero hanno dichiarato guerra
contro proposte di legge considerate, a torto o a ragione, contrarie ai valori
del cristianesimo. Tutte le volte per mobilitare il laicato si è insistito su
quanto fosse fondamentale quella specifica battaglia. Su quanto il nemico
(proposta di legge, referendum o avversario politico) fosse il male assoluto.
Su quanto un’ipotetica sconfitta avrebbe comportato un danno enorme per la
società, il cattolicesimo o per tutto l’occidente. O magari per tutte queste
cose assieme.
Ripercorrendo alcune di queste “riuscitissime” guerre si
vede come alcune battaglie fondamentali sono anche state vinte. Salvo poi, alla
fine, perdere la guerra. Solo a posteriori, magari molti anni dopo, si è
riusciti a valutare con più obiettività l’argomento e a riconoscere che alcune
di quelle è stato bene perderle.
Volendo fare un breve (e di certo non esaustivo) elenco di
queste guerre mi vengono in mente: l’opposizione alla nascita dello Stato
Italiano, culminata nel non expedit
di papa Pio IX nel 1874; l’opposizione alla riforma del diritto di famiglia del
1975, le mobilitazioni anti-aborto e anti-divorzio; il referendum sulla
procreazione assistita del 2005 e la stesura (ideologica) della legge 40. Mi
fermo qua, ma l’elenco potrebbe essere ancora lungo.
All’alba dell’Unità d’Italia, si creò tra i cattolici un
acceso dibattito tra chi, più tradizionalista, voleva un atteggiamento privo di
compromessi verso il nuovo stato e chi, più realista, tentava di garantire una
difesa dei valori cattolici. Per i primi era necessario non partecipare alle
votazioni di qualsiasi tipo, fossero esse nazionali o locali, al fine di esprimere
il dissenso verso il nuovo stato sabaudo, percepito come nemico occupante
anticattolico. Strategia interessante, ma che portava alla totale irrilevanza politica
del modo cattolico. Per i secondi, invece, occorreva garantire uno spazio ai
cattolici nelle stanze del potere. Ciò poteva avvenire solo eleggendo politici
cattolici in grado di difendere i diritti della Chiesa e dei fedeli. Lo scontro
tra queste due fazioni, scontro fatto di articoli, riviste e giornali, fu
durissimo. Esso durò fino al non expedit
del Papa, favorendo un’ostinata ed infruttuosa opposizione extraparlamentare.
Solo diversi anni dopo i cattolici tornarono alla politica.
La riforma del diritto di famiglia del 1975, che prevedeva
di garantire pari diritti ai figli nati dentro e fuori dal matrimonio, oltre a
garantire l’eguaglianza tra i coniugi, fu avversata da chi, cattolico, vi
vedeva un grave pericolo per la famiglia cristianamente intesa. Anche alcuni
quotidiani cattolici produssero titoloni sull'impossibilità della parità tra uomo
e donna. Una posizione ideologica di vedere la famiglia ormai in fase di
abbandono da parte della società e, di lì a breve, anche dalla stessa Chiesa. Nonostante
quanto pronosticato dalla fazione reazionaria, questa riforma non ha causato la
distruzione della famiglia. Ma ha permesso di epurarla da concetti e attributi poco evangelici che
di fatto servivano solo per garantire un certo modello sociale, indipendentemente dal fatto che esso fosse giusto o meno. Già in quegli anni Ernesto Balducci provava a svelare quali principi non cattolici si nascondessero dietro all'idea
di famiglia cristiana.
Anche sul divorzio, eterna battaglia dei cattolici italiani,
non sembra andare meglio. Dopo battaglie furiose negli anni ’70 culminate nella
sonora sconfitta referendaria, pare che ai politici cattolici ancora non sia
andato giù che i matrimoni possano, almeno per lo Stato Italiano, essere
sciolti. Ritengo giusto che chi, come me, condivide i valori cristiani non
possa ignorare le parole di Gesù (vedi Mc 10,2-12). Ma ritengo altresì giusto
che chi non crede o crede in altri dei non sia soggetto per legge alla mia
stessa morale. Purtroppo il mondo cattolico si è considerato per troppo tempo l’ombelico
del mondo, considerando il suo pensiero l’unico presente nella società. Mi
sorprende l’opposizione dei cosiddetti politici cattolici contro i disegni di
legge inerenti il divorzio breve.
Allungando i tempi o complicando le pratiche per il divorzio non si convincono i separati a tornare assieme.
Situazione analoga si è avuta con il referendum del 2005
sulla procreazione assistita. A più di dieci anni di distanza mi chiedo che
senso abbia avuto quell'opposizione così rigida da far fallire in modo
clamoroso il referendum. Anche la cattolicissima legge 40 è stata demolita pezzo
dopo pezzo dalla Corte Costituzionale e dalla Corte Europea dei diritti umani
ed ora è solo un cumulo di macerie.
Il tutto tra l’apparente indifferenza del cattolicesimo italiano. E pensare che
solo 10 anni fa la mobilitazione fu fortissima, portando a livelli record
l’astensione al referendum sulla procreazione assistita. Insomma un’altra
grande guerra che sembrava vinta ed invece è stata persa.
Infatti è proprio questo il punto. Tutte le grandi battaglie
partite in pompa magna, magari con grande chiamate alle armi del laicato
cattolico, sono finite in sonore sconfitte. Anche se si è assistito a temporanee
vittorie, alla fine sono state tutte dei fallimenti.
Penso che anche questa strenua opposizione al riconoscimento
delle unioni omosessuali percorrerà la stessa strada delle battaglie che l’hanno
preceduta. Anni fa, quando si è iniziato a parlare di riconoscimenti per le
coppie omosessuali (vi ricordate i PACS?) il cattolicesimo italiano, capitanato
dalla CEI ruiniana ha usato la scusa dei cosiddetti “valori non negoziabili” come
scudo contro ogni tipo di confronto e dialogo sull'argomento. Il laicato è
stato compattato e irreggimentato contro i disegni di legge sull'argomento
(PACS e DICO). Ora, dopo anni e anni di chiusura, pare che i vecchi disegni di
legge non fossero così male, di fronte alla prospettiva, diventata realtà in
altri paesi europei, del matrimonio tra persone dello stesso sesso. Non so se qualcuno
se n’è reso conto, ma con la scusa dei “valori non negoziabili”, diventati poi “non dialogabili”, è stato sprecato un tempo che poteva essere proficuo
per il dialogo. Non solo interno alla società,
ma anche al mondo cattolico italiano. Ora, purtroppo, la
radicalizzazione dello scontro e l’aggressiva partitizzazione hanno reso l’argomento
adatto unicamente ai dibattiti da talk show.
Non metto in dubbio che allo scorso Family Day fosse
presente anche gente normale, normali cristiani, magari lì con la famiglia.
Purtroppo, come spesso accade, sono i soggetti discutibili che fanno notizia.
Non è accettabile ad un evento che dovrebbe essere legato alla religione
parlare dal palco di sessualità solo dal punto di vista procreativo eliminandone il fine unitivo.
La teologia è andata avanti e, per fortuna, non si sente più parlare di
lenzuoli con il buco. Anche tra il pubblico si sono viste persone con una
morale piuttosto discutibile, per usare un eufemismo. Nostalgici del ventennio,moralisti con la morale molto più morbida quando si parla di fedeltà coniugale,esaltati convinti di assurde teorie sugli omosessuali.
Per non parlare di tutto quell’universo a parte che è il cattolicesimo che
ruota attorno all’affondamento del ddl Cirinnà. Da padre Livio di Radio Maria
che ha augurato la morte alla senatrice da cui il disegno prende il nome,
solo per portare un esempio.
Insomma che dire? Sembra che la componente cattolica
contraria alle unioni omosessuali, non avendo nulla da dire, sparga solo
confusione per poter vincere questa ennesima “invincibile” guerra. Dai cartelloni pubblicitari contro il matrimonio omosessuale (anche se nel DDL Cirinnà si parla solo di unioni civili), al terrorismo vero e
proprio contro la stepchild adoption (che non è una vera adozione).
Difatti, pare che il cattolicesimo italiano non abbia veramente più niente da dire. Una parte di esso è impegnata in guerre impossibili, l’altra parte
sta alla finestra, in attesa di tempi migliori o semplicemente disinteressata.
Di certo non si è più in grado di portare avanti posizioni, proposte o
semplicemente idee nuove.
Non riusciamo più ad essere propositivi, al massimo alcune frange tentano
malamente di congelare il presente. Siamo finiti in un angolo a guardarci
l’ombelico in modo compulsivo senza accorgerci che la società attorno a noi è
cambiata e cambia tuttora.
Se veramente vogliamo provare a salvare quel mattone della
società che è la famiglia, dovremmo davvero fare alcuni passi:
- Promuovere un serio esame di coscienza in noi e nella
comunità cattolica sul matrimonio. Chiediamoci, senza false retoriche perché una
coppia di fidanzati, nel 2016, dovrebbe prendersi la briga di sposarsi. Chiediamoci
che cosa il matrimonio in Chiesa significhi.
Che valore ha quel sì e quello scambio di anelli di fronte a Dio. Lasciando da
parte tutto l’aspetto sociale e folkloristico.
- Se da questa riflessione il valore del
matrimonio nell'idea che abbiamo di cristianesimo e di comunità cristiana si è
rafforzato, non si può non pretendere che anche le strutture pastorali si
adeguino. Servono comunità parrocchiali in grado di fornire un aiuto concreto
alle coppie sposate, specie a quelle in difficoltà. Questo indipendentemente
che la difficoltà sia di tipo economico, di salute o affettivo. Alcune valide
realtà ci sono, ma mi sembrano sorte qua e là solo per la buona volontà di un
qualche religioso.
- Proseguendo il discorso iniziato nel punto
precedente, anche la formazione dei giovani che vogliono sposarsi non può
ridursi ad un corso matrimoniale di cinque-sei incontri tenuti in parrocchia e
composti unicamente dai monologhi del sacerdote. Anche il periodo del
fidanzamento, che tende sempre più ad allungarsi, meriterebbe maggiore
attenzione. Purtroppo i ritiri o i corsi per fidanzati sono eventi rari,
rarissimi. Se si fa formazione ai futuri sposi non vedo perché non si
dovrebbero pensare percorsi per i fidanzati, per aiutarli a capire se quella è
la loro vocazione e se la devono vivere davvero con quella persona.
- Infine, guardare con obiettività ciò che mette
davvero in pericolo la famiglia. Non ciò che mette in crisi il concetto astratto
di famiglia ma le famiglie vere, quelle composte da persone in carne ed ossa. In
questo elenco ovviamente non c’è il riconoscimento giuridico delle coppie
omosessuali. In compenso c’è la mancanza di un serio piano casa per le coppie, la
mancanza di una legislazione a favore delle famiglie, la mancanza per i giovani
di un lavoro stabile e di una conseguente stabilità economica che gli permetta
di pianificare la loro vita, la cronica assenza di servizi (l’insufficiente
numero di posti negli asili nido è un ottimo esempio) o il calo nella qualità
di altri (ad esempio la qualità della scuola pubblica italiana o della sanità).
Per non parlare dei veri e propri abusi, quali la firma delle dimissioni in
bianco da parte delle giovani, che sanno bene di rischiare il posto di lavoro
per una gravidanza. Questi sì che sono veri attentati alla famiglia. Strano che
qualche sedicente politico cattolico non dichiari guerra contro tutto ciò. Troverebbe
molti, cattolici e non, pronti ad appoggiarlo.