mercoledì 8 ottobre 2014

La mafia che (non) c’è

Non è carino, lo so. Ma questo articolo devo iniziarlo con una sostanziosa premessa: questo non è un blog che si occupa di tematiche politiche e sociali. Se cercate un blog di questo tipo avete sbagliato pagina. Fields of Hope vuole essere uno spazio in cui potermi sentire libero nello scrivere e descrivere i sentimenti che mi attraversano, specialmente quelli che hanno un’attinenza, più o meno velata, con la sfera religiosa.
Detto questo vorrei introdurvi i fatti: a Brescello, un piccolo paesino del reggiano, si è scatenato un vero e proprio putiferio dopo che un piccolo gruppo di ragazzi della webtv “Cortocircuito” ha realizzato un cortometraggio sulle infiltrazioni mafiose nella provincia reggiana (parte 1, 2 e 3).
Nella prima parte del documentario si fa riferimento alla presenza nel paese di Francesco Grande Aracri, appartenente all’omonima cosca e condannato in via definitiva per associazione di stampo mafioso. Il fratello di Francesco è Nicolino Grande Aracri, più volte condannato e capo dell'omonima cosca. Il sindaco del paese, intervistato dai ragazzi della webtv, sulle domande più spinose, appare a disagio, usa frasi evasive, non entra nel dettaglio dei fatti. Non parla ed è visibilmente in difficoltà di fronte alle domande incalzanti dell’intervistatore.
Già questo sarebbe sufficiente, ma non è stato così. Nei giorni successivi il paese si è mobilitato indifesa del sindaco respingendo con forza davanti alle telecamere anche solo il minimo dubbio che nel paese possano esserci delle infiltrazioni mafiose.
Anche il parroco, don Evandro Gherardi, si è schierato apertamente. Ha sfruttato l’occasione della tradizionale processione della benedizione del Po, ha sentenziato che la mafia che non c’è. A quanto pare il presbitero ha ripetuto per ben tre volte l’affermazione “Brescello non è mafiosa”. Non ho idea se queste parole volessero essere una invocazione, uno strano esorcismo o un augurio. Di sicuro sono parse a tutti (fedeli inclusi che lo hanno applaudito) un’affermazione caricata di una certezza granitica.
Infine, ciliegina sulla torta, ha espresso solidarietà al sindaco per gli attacchi e le richieste di dimissioni seguite all’intervista. Incredibile ma vero. Nel paese di Peppone e don Camillo sindaco e parroco si trovano dalla stessa parte nel rimandare al mittente i dubbi sulle infiltrazioni della criminalità organizzata nel paesino.
Non voglio mettere in dubbio la buona fede di don Evandro, che tra l’altro non conosco direttamente, motivo in più per evitare giudizi affrettati, ma è evidente dai documenti riportati nell’inchiesta di Cortocircuito che qualcosa c’è. È palese. Al nord la mafia non si presenta nei modi folkloristici con cui era descritta in vecchi film. Nessuno si aggira con lupara e coppola a chiedere il pizzo. La mafia si comporta come un tumore, si espande, corrompe ed infetta i tessuti anche senza dare sintomi.
Comprendo nel profondo la mentalità degli abitanti di Brescello. Anche io provengo da un piccolo paese del reggiano e appunto per questo capisco che una piccola comunità si possa essere sentita attaccata. Attaccata nella sua integrità morale, nella sua immagine di ridente borgo in cui Fernandel e Cervi hanno messo in scena le avventure narrate da Guareschi. In questo modo mi spiego l’iniziale reticenza delle persone al bar alle domande dei ragazzi di Cortocircuito e la successiva aggressività di fronte alla stampa nazionale una volta accesi i riflettori sul caso.

Comprendo ma non condivido. In particolare non posso scusare l’atteggiamento del parroco. Non si può solamente assecondare il bisogno di quieto vivere della propria comunità. Non si può solo raccontare che tutto va bene quando ci sono concreti pericoli di infiltrazioni della ‘Ndrangheta nel tessuto economico locale. Non si può stare zitti. Minimizzare e tacere su questi pericoli, o peggio negare l’evidenza dei fatti non può che essere, agli occhi di Dio, un peccato.

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